Stamattina ho fatto una strada più lunga per andare al lavoro.
Sono passata davanti alla cancellata di ferro che mancava ancora un quarto alle sette, e ho gettato uno sguardo oltre le sbarre, verso le tombe, e le mie donnine, quelle che incontro sempre quando passo di qui, erano già tutte lì, qualcuna china sul marmo, altre insieme a parlare fitto (ma di cosa si parla alle 6.45 del mattino, in un cimitero?), altre con i fiori incartati tra le braccia; una l’ho anche salutata, una donnina con gli occhi azzurri sempre chiusi a fessura e coi capelli grigi e ricci. Lei sì che c’è sempre, tutti i giorni che Dio manda in terra, piova o tiri vento, imperterrita, sempre lì, di buon mattino.
Il mio babbo è qui, da ventidue anni. No, mi correggo. C’e la sua tomba, c’è una scultura di bronzo che raffigura le sue montagne, c’è una grande pianta di erica e la sua foto di giovane uomo di 47 anni. Ma lui non c’è. Lo so, ne sono certa, in modo molto confuso perchè non so se credo al paradiso, ma ne ho la certezza; lui è da qualche parte, nel Comelico che amava, ed ha uno zaino sulle spalle, e sbuffa, sorride e smadonna su per la salita. E poi si ferma, guarda la vetta, fà una battuta e si accende una sigaretta. Quindi lui qui non c’è. Invece ci sono io, da ventidue anni, che vengo qui, non tutti i giorni, e forse neanche tutte le settimane, più spesso d’estate e meno spesso di inverno (perchè la mattina d’inverno all’ora in cui parto per il lavoro è buio pesto…); vengo, mi fermo davanti alla sua tomba, guardo oltre, verso le cappelle, e quasi mi sembra di vederlo, nei vialetti, con la sua faccia magra e tirata, con i jeans di tutti i giorni, che cammina, a volte verso di me, a volte dove pare a lui. Stamattina però non mi sono fermata, non era così presto da permettermi una visita; ho salutato la donnina, ho abbassato il finestrino, ho lanciato un ciao a babbo e ho proseguito lungo la strada più lunga, quella che di solito non faccio. Una bella strada che si srotola giù dai fianchi della collina dove vivo, e che si attorciglia su sé stessa, contornata da olivi e da alberi da frutto. Il sole scintillava tra i rami, e tutto era silenzioso; sono passata davanti alla vecchia villa che un tempo era del Vescovo, e che oggi è di proprietà di una ragazza che conoscevo, un anno più di me, stessi giri, università nel solito posto, una persona che ha avuto successo (si dice così?), soldi e fortuna e che si è comprata la villa dove un tempo si facevano i campi scuola dei preti e le feste di fine anno scolastico. Non ho incontrato un’ anima, né una macchina, né qualcuno a piedi, neanche una di quelle Api Piaggio, rumorose come zanzare e lente come bradipi che, sulle strade strette ed in salita che ci sono da queste parti formano sempre lunghe, lunghissime file. Ho svoltato l’ennesima curva, e la strada si è infilata all’improvviso in un batuffolo di foschia, una nebbiolina leggera come un velo di sposa, che si è spalmata sull’asfalto come burro su una fetta di pane, morbida. Che bello, ho pensato, una strada imburrata, in un mattino di sole, per giunta di venerdi, ultimo giorno della settimana lavorativa, dopo aver salutato babbo, e con la prospettiva felice di rivedere la Puzzola Sovrana - che stasera torna a casa dopo aver trascorso una settimana a casa delle nonna - e di mangiare insieme la pizza a cena, quella con le acciughe che adoro; e poi, dopo cena, mi metto seduta sul terrazzino, con i piedi sul tavolo (una trasgressione, sù..), e non accendo la luce fino a quando non fa proprio buio buio, e i pipistrelli cominciano a svolazzare un po’ troppo vicini; e poi oggi ho messo le ballerine, quelle nuove comprate di occasione a 18 euro nel negozio delle bimbe sotto casa, viola per la precisione, per fare pendant con la maglia (sono una donna di gusti raffinati e con un innato senso del bello, che credete?). E quindi, mentre la macchina pattinava tranquilla sulla strada illuminata dal sole radente delle sette di mattina, ho pensato: “Grazie”. Grazie di che? E Grazie a chi? A chi non lo so, ho idee confuse su questo, da tanto tempo ormai; non so a chi rivolgere il mio grazie, se a Dio che a volte sento molto molto lontano, o a me stessa perché ce la metto tutta, o al destino che mi ha derubato e mi ha fatto grandissimi regali, al Caso o alle persone che ho incontrato e che mi hanno aiutato ad essere quella che sono, nel bene e nel male. Ma “grazie perché”, no, non ho dubbi. Grazie perché tutti i giorni alzo la saracinesca e si inizia la giornata; grazie perché tutte le sere torno a casa, apro la porta e mi viene incontro la Puzzola che mi tramortisce con la raffica delle sue parole; grazie perché il frigo è pieno e le bollette sono pagate, per questo mese. Grazie perché il ricordo di babbo è ancora intatto nonostante tutti questi anni; grazie per le strade imburrate di foschia, per il silenzio della mattina presto, per le ballerine viola che porto al posto delle scarpe con il tacco che in ufficio dopo qualche ora mi fanno male ai piedi; e grazie perché la Puzzola Sovrana stasera torna a casa, grazie per la pizza alle acciughe, per i piedi sul tavolo, per il buio che scende, per la lavanda fiorita sul terrazzo.
Ditelo anche voi il vostro grazie! A Dio, al cielo, al Destino, alle stelle, all’Universo, alla Natura, a chi volete voi, ognuno secondo le proprie idee e le proprie convinzioni; diciamolo, questo grazie, anche per le cose più semplici, quelle che si danno per scontate, quelle che ci sfilano sotto gli occhi destinate a passare e basta, senza lasciare tracce apparenti. Diciamolo, questo grazie, che magari ci farà stare bene e vedere con occhi diversi le cose che ci circondano. Io, da parte mia, prometto di annottarmi scrupolosamente tutti i vostri grazie e di metterli qui, in un cantuccio del blog, in attesa di poter scrivere una bella, lunga, lista da lanciare un giorno nella blogsfera, come l’urlo che si fa quando segna la squadra del cuore, o quando si apre un regalo che non si aspettava. Scrivete i vostri grazie, facciamola questa lista, e chissà che non ci scappi un giochino….
Sono passata davanti alla cancellata di ferro che mancava ancora un quarto alle sette, e ho gettato uno sguardo oltre le sbarre, verso le tombe, e le mie donnine, quelle che incontro sempre quando passo di qui, erano già tutte lì, qualcuna china sul marmo, altre insieme a parlare fitto (ma di cosa si parla alle 6.45 del mattino, in un cimitero?), altre con i fiori incartati tra le braccia; una l’ho anche salutata, una donnina con gli occhi azzurri sempre chiusi a fessura e coi capelli grigi e ricci. Lei sì che c’è sempre, tutti i giorni che Dio manda in terra, piova o tiri vento, imperterrita, sempre lì, di buon mattino.
Il mio babbo è qui, da ventidue anni. No, mi correggo. C’e la sua tomba, c’è una scultura di bronzo che raffigura le sue montagne, c’è una grande pianta di erica e la sua foto di giovane uomo di 47 anni. Ma lui non c’è. Lo so, ne sono certa, in modo molto confuso perchè non so se credo al paradiso, ma ne ho la certezza; lui è da qualche parte, nel Comelico che amava, ed ha uno zaino sulle spalle, e sbuffa, sorride e smadonna su per la salita. E poi si ferma, guarda la vetta, fà una battuta e si accende una sigaretta. Quindi lui qui non c’è. Invece ci sono io, da ventidue anni, che vengo qui, non tutti i giorni, e forse neanche tutte le settimane, più spesso d’estate e meno spesso di inverno (perchè la mattina d’inverno all’ora in cui parto per il lavoro è buio pesto…); vengo, mi fermo davanti alla sua tomba, guardo oltre, verso le cappelle, e quasi mi sembra di vederlo, nei vialetti, con la sua faccia magra e tirata, con i jeans di tutti i giorni, che cammina, a volte verso di me, a volte dove pare a lui. Stamattina però non mi sono fermata, non era così presto da permettermi una visita; ho salutato la donnina, ho abbassato il finestrino, ho lanciato un ciao a babbo e ho proseguito lungo la strada più lunga, quella che di solito non faccio. Una bella strada che si srotola giù dai fianchi della collina dove vivo, e che si attorciglia su sé stessa, contornata da olivi e da alberi da frutto. Il sole scintillava tra i rami, e tutto era silenzioso; sono passata davanti alla vecchia villa che un tempo era del Vescovo, e che oggi è di proprietà di una ragazza che conoscevo, un anno più di me, stessi giri, università nel solito posto, una persona che ha avuto successo (si dice così?), soldi e fortuna e che si è comprata la villa dove un tempo si facevano i campi scuola dei preti e le feste di fine anno scolastico. Non ho incontrato un’ anima, né una macchina, né qualcuno a piedi, neanche una di quelle Api Piaggio, rumorose come zanzare e lente come bradipi che, sulle strade strette ed in salita che ci sono da queste parti formano sempre lunghe, lunghissime file. Ho svoltato l’ennesima curva, e la strada si è infilata all’improvviso in un batuffolo di foschia, una nebbiolina leggera come un velo di sposa, che si è spalmata sull’asfalto come burro su una fetta di pane, morbida. Che bello, ho pensato, una strada imburrata, in un mattino di sole, per giunta di venerdi, ultimo giorno della settimana lavorativa, dopo aver salutato babbo, e con la prospettiva felice di rivedere la Puzzola Sovrana - che stasera torna a casa dopo aver trascorso una settimana a casa delle nonna - e di mangiare insieme la pizza a cena, quella con le acciughe che adoro; e poi, dopo cena, mi metto seduta sul terrazzino, con i piedi sul tavolo (una trasgressione, sù..), e non accendo la luce fino a quando non fa proprio buio buio, e i pipistrelli cominciano a svolazzare un po’ troppo vicini; e poi oggi ho messo le ballerine, quelle nuove comprate di occasione a 18 euro nel negozio delle bimbe sotto casa, viola per la precisione, per fare pendant con la maglia (sono una donna di gusti raffinati e con un innato senso del bello, che credete?). E quindi, mentre la macchina pattinava tranquilla sulla strada illuminata dal sole radente delle sette di mattina, ho pensato: “Grazie”. Grazie di che? E Grazie a chi? A chi non lo so, ho idee confuse su questo, da tanto tempo ormai; non so a chi rivolgere il mio grazie, se a Dio che a volte sento molto molto lontano, o a me stessa perché ce la metto tutta, o al destino che mi ha derubato e mi ha fatto grandissimi regali, al Caso o alle persone che ho incontrato e che mi hanno aiutato ad essere quella che sono, nel bene e nel male. Ma “grazie perché”, no, non ho dubbi. Grazie perché tutti i giorni alzo la saracinesca e si inizia la giornata; grazie perché tutte le sere torno a casa, apro la porta e mi viene incontro la Puzzola che mi tramortisce con la raffica delle sue parole; grazie perché il frigo è pieno e le bollette sono pagate, per questo mese. Grazie perché il ricordo di babbo è ancora intatto nonostante tutti questi anni; grazie per le strade imburrate di foschia, per il silenzio della mattina presto, per le ballerine viola che porto al posto delle scarpe con il tacco che in ufficio dopo qualche ora mi fanno male ai piedi; e grazie perché la Puzzola Sovrana stasera torna a casa, grazie per la pizza alle acciughe, per i piedi sul tavolo, per il buio che scende, per la lavanda fiorita sul terrazzo.
Ditelo anche voi il vostro grazie! A Dio, al cielo, al Destino, alle stelle, all’Universo, alla Natura, a chi volete voi, ognuno secondo le proprie idee e le proprie convinzioni; diciamolo, questo grazie, anche per le cose più semplici, quelle che si danno per scontate, quelle che ci sfilano sotto gli occhi destinate a passare e basta, senza lasciare tracce apparenti. Diciamolo, questo grazie, che magari ci farà stare bene e vedere con occhi diversi le cose che ci circondano. Io, da parte mia, prometto di annottarmi scrupolosamente tutti i vostri grazie e di metterli qui, in un cantuccio del blog, in attesa di poter scrivere una bella, lunga, lista da lanciare un giorno nella blogsfera, come l’urlo che si fa quando segna la squadra del cuore, o quando si apre un regalo che non si aspettava. Scrivete i vostri grazie, facciamola questa lista, e chissà che non ci scappi un giochino….
Grazie per te: per le tue parole, per le tue pagine, per quel poco che comincio a conoscere... che mi piace un sacco!
RispondiEliminaCiao Lizzi..eccomi qui magnifiche parole e magnifico blog...io partecipo allo swap dell'alfabeto e tu?? Noi in asi abbiamolanciato lo swap delle schede rolodex e delle card alla fine io e Barbara ci siamo ritrovate 64 iscrizioni!!! Le adesioni sono finite il 7 giugno e le buste dovrebbero arrivarci tutte entro il 15 luglio...un lavorone..ma fico da morire...Ciao A Presto Anto
RispondiEliminascusa ma ho dimenticato il mio GRAZIE LIZZY...SEI MAGNIFICA
RispondiEliminagrazie.
RispondiEliminagrazie per i miei bambini, per i loro occhi, per i loro sorrisi, le loro voci, i baci, gli abbracci, anche i capricci.
grazie perchè sono riuscita a trovare la forza di uscire da una vita che mi stava uccidendo.
grazie per il lupo. comunque dovesse finire, so che, in punto di morte, ringrazierò dio - se c'è -, il fato o chi sia per avermi dato i miei figli e lui. davvero.
grazie per il mio sciocco carattere, che mi fa trovare il lato comico delle tragedie in cui finisco, che riesce a tirarmi fuori un sorriso anche quando non ci si spererebbe.
grazie per le amiche. poche, quelle vere, ma buone davvero.
grazie per ogni santo giorno che mi è stato dato da vivere (sì, lizzy, anche quel giorno lì...), per le emozioni, le sensazioni, le persone che ho incontrato.
grazie per quelli che verranno.
e grazie perchè, qualche volta, qualcosa o qualcuno mi ricorda che ho molto di cui esser grata.
... intanto Grazie per questo post meraviglioso: mi ha talmente sconvolto le idee già confuse di stamani, che mi ci vorrà un po' per riprendermi!
RispondiEliminaE mentre mi riprendo, scrivo il mio 'grazie' e poi te lo mando tutto insieme, che ho talmente tante cose per cui ringraziare... :-))
baci
grazie a dio, alla fortuna, alla genetica che mi hanno regalato il mio ciccì, unica gioia della mia inespressa vita.
RispondiEliminaehm, volevo anche copiare chiara :D
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