venerdì 28 agosto 2009

"Chi ha rapito Miss Fly?"

CHI HA RAPITO MISS FLY?

Storia (senza pretese) di quattro folletti e un cane, tra i monti e i prati verdi della Val di Fassa

Capitolo I
La scomparsa

C’erano una volta quattro folletti che abitavano in una casetta di legno in una radura del bosco.
Si chiamavano Arual, Lucky, Bella e Allegra.
Arual era bionda, aveva i capelli lunghi e gli occhi azzurri, era riflessiva e piena di grandi idee.
Bella era alta, aveva occhi color nocciola e capelli lunghi e foltissimi.
Lucky aveva gli occhi più vispi del mondo ed era un gran mattacchione, sempre pronto a fare scherzi e dispetti a chiunque gli capitasse a tiro.
Allegra era dolce, sempre sorridente e aveva un viso tondo e luminoso.
Gestivano un chiosco di bibite nel bosco: ogni mattina raccoglievano lamponi, mirtilli e altre erbe con cui preparavano crostate, budini, tisane e bibite colorate.
Viveva con loro Miss Fly, uno splendido esemplare di pastore tedesco, docile e affettuoso. I folletti avevano trovato Miss Fly un giorno un cui erano andati a raccogliere legna nel bosco. Era piovuto per l’intera nottata e al mattino un sole un po’ incerto era sbucato da dietro la montagna, facendo risplendere i prati e le fronde degli alberi ancora bagnati. Si erano incamminati lungo un sentiero, e all’improvviso avevano sentito un guaito provenire dal sottobosco. Incuriositi si erano avvicinati ad un cespuglio, e sotto una piantina di mirtilli era sbucato un musino peloso ed incuriosito. Era Miss Fly, ancora cucciolo, impaurita ed affamata. I folletti le avevano dato da mangiare e l’avevano portata a vivere nella loro casetta nel bosco: da quel giorno erano diventati amici inseparabili.
La mattina del giorno in cui inizia la nostra storia, Arual uscì di casa di buon mattino, con il cestino rosso sulle spalle, per andare in cerca di mirtilli come tutti i giorni. Era una bella giornata di agosto: il sole scintillava sulla cime degli abeti, e l’erba verde del prato davanti alla casetta, ancora umida di rugiada, brillava come se fosse stata coperta di piccoli diamanti.
Arual si chiuse la porta alle spalle e chiamò “Miss Fly, vieni con me nel bosco in cerca di mirtilli?”.
Ma Miss Fly non le corse incontro, come invece faceva ogni mattina. “Miss Fly – chiamò ancora la folletta bionda – dove ti sei cacciata, giocherellona?”.
Arual fece il giro della casa, percorse il sentiero che portava dalla radura al limitare del bosco, tornò indietro e u n po’ preoccupata fece ritorno a casa.
“Miss Fly non si trova…” disse agli altri folletti.
“Che cosa?” chiese Bella che si stava pettinando i lunghi capelli davanti allo specchio.-
“Come hai detto?” chiese Allegra, smettendo di legarsi le scarpette con i nastri colorati.
“Dove sarà andata ?” si chiese Lucky, che stava preparando un altro dei suoi famosi scherzetti.
Tutti e quattro uscirono fuori, e cominciarono a cercare il loro cane: la cercarono tra i cespugli, nel sottobosco, nel cortile sul retro delle casa dove c’erano il pollaio e la conigliera.… insomma dappertutto, ma di Miss Fly nemmeno l’ombra.
“Chissà – disse Bella mentre lavava le tazze per la tisana al chiosco – forse sarà andata a fare una passeggiata ….”
“O forse sarà innamorata….” si disse pensierosa Allegra mentre impastava la frolla per la crostata di ribes.
I folletti erano andati al chiosco dopo le ricerche infruttuose di quel mattino, e si preparavano a trascorrere una giornata come le altre. Ma quella era decisamente una giornata diversa…
Per tutto il giorno, mentre leprotti, ghiri, ghiandaie e marmotte affollavano il chiosco per la colazione e per la merenda, i quattro folletti non fecero che pensare a Miss Fly e alla sua misteriosa scomparsa. Ci pensarono in continuazione, mentre servivano budini e thè, mentre cuocevano i toast e arrostivano le salsicce, insomma il pensiero di Miss Fly e di cosa poteva esserle accaduto non li abbandonò un solo istante.
Quando finalmente arrivò l’ora di chiudere il chiosco, i folletti corsero a perdifiato verso casa: forse Miss Fly era tornata, e li stava aspettando nel prato davanti alla casetta, e di sicuro sarebbe andata loro incontro, scodinzolando di felicità. Percorsero in un lampo la strada che separava il chiosco dalla radura, con il cuore che martellava forte per l’emozione. Erano pieni di speranza quando oltrepassarono l’ultimo grande abete che segnava il limitare della radura, ma quando arrivarono davanti alla casetta e videro che di Miss Fly non c’era traccia, sentirono il cuore cadere in basso, in un punto tra lo stomaco e l’ombelico. Arual si sedette sulla panca di legno sotto la finestra, Lucky, pensieroso e immusonito, si appoggiò ad un albero e se ne stette lì per un bel pezzo, a spezzettare rametti. Bella piangeva, il volto abbronzato rigato dalle lacrime e Allegra si precipitò in casa, sbattendosi rumorosamente la porta alle spalle.
Fu una notte molto lunga per i folletti; nessuno di loro riuscì a prendere sonno. Tutti erano molto preoccupati e non fecero che girarsi e rigirarsi nel letto.
Alle quattro del mattino, Allegra preparò una camomilla e i folletti la bevvero in silenzio, gli occhi assonnati, il volto preoccupato. Riuscirono ad addormentarsi quando già albeggiava e il sole nascente cominciava a tingere di rosa il cielo dietro le montagne. Si svegliarono dopo qualche ora, più stanchi di prima, e invece di fare colazione come ogni mattina, comodamente seduti al tavolo della cucina imbandito di ogni ben di Dio, presero una tazza di caffellatte e uscirono di casa. Si sedettero sul prato, gli occhi fissi verso il bosco, in attesa che Miss Fly sbucasse dagli alberi e corresse loro incontro.
Non successe.
I folletti si guardarono l’un l’altro, sempre più angosciati.
Fu in quel momento che un pettirosso planò verso il prato e si posò sull’erba umida. Frullò le ali per scuotere via la rugiada, girò il becco verso i folletti e disse:
“So io cosa è successo alla vostra Miss Fly!”

Capitolo II
La scoperta

I folletti ammutolirono.
Avevano capito bene? L’uccellino aveva davvero detto di sapere cosa era successo a Miss Fly?
“Scusa, pettirosso – chiese Arual dopo un attimo di esitazione – davvero sai cosa è capitato al nostro cane?”
L’uccellino saltellò sul prato, raccolse un vermetto e lo ingoiò.
Poi frullò le ali e finalmente disse: “E’ stata rapita dal Mago Nero del bosco!”.
Fu come rimanere accecati da un luce fortissima.
I folletti erano sbigottiti, sgomenti, stupiti. Non capivano più niente.
Lucky spalancò la bocca in un grido silenzioso, Arual sgranò gli occhioni azzurri. Bella si coprì il viso con le mani e il sorriso si spense sul volto di Allegra.
Il pettirosso volò via, nel chiarore dell’alba, e lasciò i folletti immobili, tramortiti, sul prato davanti alla casa.
Passarono un’altra giornata piena di angoscia e di preoccupazione, e trascorsero un’altra notte insonne. Lucky camminava intorno al tavolo come un leone in gabbia, mentre Bella e Allegra piangevano in silenzio vicino alla finestra. “Non ci credo, non ci credo – mormorava Bella di tanto in tanto – come farà Miss Fly a tornare a casa?”
“Io dico che dobbiamo andare riprendercela!” esclamò ad un certo punto Lucky, il viso rosso di rabbia – chi crede di essere questo Mago Nero?” chiese a sé stesso continuando ad andare su e giù per la stanza.
“Soltanto il Mago cattivo più potente e malvagio delle Dolomiti!” gli rispose Arual con tono vagamente spazientito.
“Sob, sob!!!” singhiozzò Allegra, sprofondando il viso nella spalla di Bella.
“Smettila di piangere – le disse Lucky, avvicinandosi ad Allegra e carezzandole la testa – vedrai che Miss Fly tornerà a casa. E saremo noi a riprendercela!!”
“Si, si, come no…. – gli fece eco Arual, esasperata – non appena avremo capito come fare, e di certo non sarà una cosetta da nulla….”
Certo. Non sarebbe stato facile, era logico. Il Mago Nero era un essere malvagio, lo sapevano tutti, ed aveva grandi poteri magici che nessuno era riuscito a sconfiggere.
I quattro si sedettero in cucina alla luce di una lanterna che dipingeva una pozza di luce gialla sul tavolo ingombro di tazze e di piatti usati che nessun aveva voglia di lavare.
“Dobbiamo studiare un piano, questo è certo – disse Lucky guardando le follette – un piano per scoprire dove Miss Fly è tenuta prigioniera e per sconfiggere il Mago Nero!”
“Si certo, facile come bere un bicchier d’acqua…” mormorò scettica Arual.
“Pensiamo positivo, su – esclamò Bella che aveva smesso di piangere ed era decisissima a riprendersi il suo cane – Potremo chiedere aiuto a qualcuno!”
“A chi? – chiese dubbiosa Allegra – Non appena diremo che vogliamo sconfiggere il Mago Nero ci prenderanno per matti e chiameranno il 118 di sicuro!!”
“Non mi importa cosa diranno di me - sbottò Lucky, facendo un gesto con la mano come se volesse scacciare un insetto – a me importa solo che Miss Fly torni a casa!”
“Anche a me!” disse Bella.
“Si, anche a me!” aggiunse Allegra.
Arual rimase in silenzio. Si poteva quasi vedere il lavorio del suo cervello dietro gli enormi occhi azzurri. Gli altri la guardarono, aspettando una risposta.
“Io dico che dovremo farci consigliare dalla Fata Regolina!”
Si, era una buona idea.
Gli altri annuirono, convinti.


Capitolo III
Consigli e Focacce

Piovve tutta la notte, e il mattino successivo uno scintillante arcobaleno solcava il cielo pulito e fresco come un lenzuolo di bucato.
I folletti fecero una robusta prima colazione, perché nessuna impresa può essere affrontata a stomaco vuoto. Cucinarono frittatine, salsicce, panini, e bevvero latte e caffè d’orzo.
Dopo colazione, si misero in viaggio, in direzione del villaggio che sorgeva al limitare del bosco.
Lì abitava Fata Regolina.
Fata Regolina era una grande conoscitrice di tutte le regole e le leggi del bosco. Era lei che sapeva cosa era permesso e cosa era vietato, chi poteva fare cosa e quale punizione meritava chi faceva ciò che non doveva.
Abitava in una casetta di mattoni dal tetto di legno, dal quale sbucavano una quantità di torrette e di abbaini, di finestre e di finestrine ornate da tendine bianche. Fata Regolina era bionda, aveva un viso tondo e aperto nel quale brillavano due occhi attenti ed indagatori.
I folletti si sedettero nel suo salotto, dopo che la Fata, alle prese con un complicatissimo atto legale, li aveva invitati ad accomodarsi.
La stanza aveva pareti interamente coperte di enormi librerie che arrivavano al soffitto, e gli scaffali traboccavano di ogni genere di libro: libri grandi, libri piccoli, libri dal dorso di cuoio, libri con scritte dorate e libri dalle pagine ingiallite: tutte le regole del bosco erano scritte lì.
Davanti alla scrivania (ma era davvero una scrivania o sol un’enorme catasta di libi ordinatamente impilati l’uno sull’altro?) c’erano due poltrone un po’ logore dall’aria molto comoda, uno sgabello, una sedia impagliata e un trespolo con un gufo appollaiato.
“Oh si, questo è Gaio – disse Fata Regolina intercettando lo sguardo incuriosito dei folletti – ed è un gufo molto sapiente! Conosce a menadito tutto il Codice delle leggi del bosco!”.
I folletti salutarono il gufo e si sedettero. Raccontarono alla Fata Regolina tutto quello che era successo: la scomparsa di MF, le parole del pettirosso, la decisione di andare a riprendersi il cane e di combattere contro il Mago Nero.
Fata Regolina li ascoltava attentamente, girando lo sguardo verso l’uno e verso l’altro.
“E’ un caso piuttosto semplice, tutto sommato – disse alla fine, aprendo l’enorme libro rilegato che aveva davanti “Direi che non ci sono ragioni di alcun tipo che possano giustificare questo rapimento. La legge del bosco vieta a chiunque di rapire chicchessia: animale, folletto o essere umano non importa. Nessuno può esser privato della sua libertà”.
I folletti si sentirono riscaldare il cuore: almeno la legge era dalla loro parte…
“Questo significa che possiamo andare a riprendere il nostro cane? – chiese Lucky con la consueta irruenza - Perché se abbiamo ragione noi e se nessuno ha il diritto di rapire qualcun altro, non vedo perché dovremmo starcene qui con le mani in mano!!”
La Fata Regolina non rispose; stava chiaramente pensando a qualcosa….
“Come avete detto che si chiama il vostro cane? Miss Fly?”
“Si, certo – rispose Bella, incuriosita – il suo nome è Miss Fly della Casata dei Lupi Buoni di Monte Felice!”
Ci fu un guizzo negli occhi di Fata Regolina.
“Come supponevo! - esclamò - il vostro cane è l’ultimo discendente del Mago Bianco della Montagna!”
La notizia rimbombò nella testa dei folletti con il fragore di un colpo di cannone. Discendente del Mago Bianco?
“Ma proprio di QUEL Mago Bianco – chiese esterrefatta Arual – cioè del Mago buono, acerrimo nemico del Mago Nero, morto qualche anno fa alla veneranda età di 180 anni?”
“Proprio lui – confermò Fata Regolina, battendo l’indice sulla copertina del codice “E se ho visto giusto…”
“… questo è il motivo per il quale il Mago Nero l’ha rapita!” esclamò pieno di entusiasmo Lucky.
“Esatto!” – rispose Fata Regolina – Miss Fly come ultimo discendente del Mago bianco ha di sicuro un po’ dei suoi poteri magici, e il Mago Nero vuole impossessarsi anche di quelli!”
I folletti erano senza parole… Quante rivelazioni quel giorno….
“Ma se il Mago Nero vuole impossessarsi dei poteri magici di Miss Fly, questo significa che è in pericolo?” chiese esitante Bella, toccandosi nervosamente i lunghi capelli.
Fata Regolina non rispose. Li guardò con aria dolce e annuì, in silenzio.
“Ragione di più per spaccare la faccia a quel delinquente!!!” sbottò Lucky, agitando i pugni per aria come fosse su un ring.
“Calmati Lucky – lo riprese Arual, trattenendolo per la maglietta. Poi si rivolse a Fata Regolina.
“Fata Regolina, ho bisogno di sapere una cosa. Una cosa molto importante. Supponiamo che decidiamo di riprenderci Miss Fly e di liberarla dal Mago Nero, e supponiamo che riusciamo a sconfiggerlo, addirittura a distruggerlo…. È legale tutto questo?”
Fata Regolina chiuse con un tonfo il codice, alzando una nuvoletta di polvere, ci poggiò sopra per braccia incrociate, e incollò il suo sguardo acuto sul volto dei folletti.
“Non so dirvi, in verità, se quello che avete in animo di fare sia in davvero legale o meno. Ma una cosa posso dirvela, ragazzi miei: è sicuramente GIUSTO. Ricordate che non sempre quello che è legale è anche giusto; alle volte infatti ci sono uomini molto stupidi che fanno leggi molto stupide e anche ingiuste. Quindi non è sempre detto che quello che è giusto sia anche consentito dalla legge.
Quello che io posso dirvi è questo: fate quello che i cuore vi dice. E se il vostro cuore vi dice che liberare Miss Fly è la cosa giusta da fare, andate e liberatela!”.
Fu come se una stella luminosa fosse all’improvviso scesa nel salotto di Fata Regolina: i folletti di sentirono invasi di luce, rassicurati, pronti per quell’impresa difficile, e forse neanche consentita; sentirono che potevano farcela, che Miss Fly aveva bisogno del loro aiuto e che sconfiggere il Mago Nero sarebbe stato, sì difficile, ma la cosa giusta da fare.
Fata Regolina li salutò, dette un bacio in fronte a ciascuno di loro, e stette sulla porta di casa, salutandoli con la mano, con il gufo Gaio appollaiato sulla spalla, fin quando i folletti scomparvero alla sua vista.
“Ragazzi non so voi – disse Allegra – ma a me è venuta una fame da lupi!”
“Dillo a me… - borbottò Lucky, tenendosi la pancia – ho lo stomaco così vuoto che dentro c’è l’eco…”
Bella rise e aggiunse “Eh già! Ci vorrebbe un bel pranzetto!”
“Certo che per affrontare l’impresa che ci attende, dobbiamo essere in forze, e con lo stomaco pieno…” confermò Arual.
“Idea!!! – gridò Allegra, fermandosi all’improvviso in mezzo al sentiero – perché non andiamo da Fata Minestrina e le chiediamo di prepararci uno spuntino?”
Tutti furono d’accordo. Come non esserlo di fronte alla prospettiva di gustarsi qualcuno dei fenomenali piatti che solo la Fata Minestrina sapeva preparare?
Con passo all’improvviso più leggero e con l’acquolina in bocca, si diressero verso la casa della Fata Minestrina.
La casa della Fata si riconosceva da lontano: era l’unica dal cui camino usciva sempre un filo di fumo ad ogni ora del giorno (il forno di Fata Minestrina lavorava a ritmo continuo) e l’unica avvolta sempre da una nuvola di vapori profumati di arrosto, di lasagne, di pasticci e di timballi, di crostate di frutta, di marmellata e di ragù.
Arrivati di fronte alla casa, i folletti bussarono e qualche secondo dopo la porta si aprì. Un’ondata di deliziosi profumi li investì.
“Ecco quattro folletti affamati - esclamò Fata Minestrina stringendoli al petto e riempiendoli di baci “Scommetto che non mangiate da un pezzo… ve lo leggo negli occhi!” Lanciò ai bambini uno sguardo obliquo e socchiuse gli occhi “… o forse no.. c’è forse qualcos’altro?”
I folletti raccontarono alla Fata Minestrina la stessa storia già raccontata anche a Fata Regolina. Fata Minestrina li ascoltò attentamente, senza smettere di mescolare uno spezzatino profumatissimo che sobbolliva in una pentola di coccio sul fuoco.
Poi, senza fare troppi discorsi, prese la spianatoia, il barattolo della farina, quello del sale, l’ampolla dell’olio di oliva e una bracca d’acqua: versò la farina e ne fece una fontana, ci mise dentro acqua, sale e lievito e cominciò a impastare vigorosamente.
“Scusa, Fata Minestrina – chiese incuriosita Arual – cos’è che stai facendo?”
Fata Minestrina sorrise, spostò un ricciolo che le cadeva sulla fronte e disse “Da quello che mi avete raccontato, vi aspetta una bella impresa, e così – continuò sbattendo la pasta sulla spianatoia e pizzicandola con le dita – vi preparo la Focaccia del Coraggio!”.
“La focache?” chiese curiosa Allegra.
“La Focaccia del Coraggio, naturalmente!” rispose Fata Minestrina. Afferrò un barattolo dallo scaffale più alto della credenza, ne prese un pizzico di polverina scura, nera come il pepe e profumata come la menta, e l’aggiunse all’impasto. Quando il profumo della focaccia cominciò a spandersi nella cucina calda ed accogliente, Fata Minestrina stese sul tavolo una bella tovaglia a fiori, mise piatti e tazze di coccio, e infine un grande vassoio pieno di fette di focaccia.
Lucky e Allegra guardavano la focaccia fumante con occhi tondi come dobloni. “Mangiate, forza, cosa aspettate? – disse Fata Minestrina ai folletti, agitando per aria un cucchiaio di legno.
I folletti non se lo fecero dire due volte.
“Mmmmm – mugolò soddisfatto Lucky – è deliziosa, Fata Minestrina, sa di arrosto con le patate…”
“Ma cosa dici – gli rispose Bella – sa di budino alla crema!”
“Vi sbagliate tutti e due – disse Allegra a bocca piena – ha il sapore della salsiccia!”
“Sentili…. – mormorò Arual scuotendo la testa e scoccando uno sguardo divertito a Fata Minestrina – ma non sentite che ha il sapore della granita al limone?”
Fata Minestrina li guardò sorridendo. Aveva un’aria soddisfatta, e li guardava tenendo le mani appoggiate ai fianchi e il grembiule annodato dietro alla vita.
“Avete ragione tutti e quattro! Questa è la focaccia del coraggio ed ha il sapore che ognuno di voi desidera che abbia!”. I folletti si guardarono senza capire.
“Il coraggio è una cosa strana – riprese Fata Minestrina – e si presenta in modi differenti. Si può essere coraggiosi in molti modi diversi, ragazzi miei, per questo questa focaccia ha molti sapori!!!”
I folletti dissero di aver capito e continuarono a sgranocchiare la focaccia al gusto di arrosto, di budino alla crema di salsiccia e di granita al limone.
Quando fu ora di andare, Fata Minestrina spezzettò un’altra focaccia in un largo fazzoletto a quadretti, ne legò i lembi e ne fece un fagotto.
“Questo è per quando ne avrete bisogno” disse consegnandolo ai folletti.
Poi se li strinse tutti al petto, schioccò ad ognuno un bacio sonoro sulle guance e augurò loro buona fortuna.
Era pomeriggio inoltrato. Il cielo azzurro di quella mattina si era fatto via via più scuro, coprendosi di nuvole nere.
Le prime gocce di pioggia cominciarono a cadere, disegnando per terra tante macchioline scure grandi come monetine.
I folletti si strinsero al petto la focaccia di Fata Minestrina, indossarono le giacche che avevano nello zaino e ripresero il cammino.
“Non pensate anche voi che dovremo prepararci per quando avremo di fronte il Mago Nero?” disse Arual dopo qualche minuto di silenzio.
“Cosa intendi esattamente per prepararci?” chiese Lucky mentre la pioggia si faceva più fitta.
“Bhè, di certo il Mago Nero non se ne starà lì buono buono quando ci vedrà, giusto?”
“Credo proprio di no! - acconsentì Bella – credo anzi che userà tutti i suoi potere magici!” La folletta rabbrividì, e non per la pioggia gelida che cadeva a catinelle.
“Bene, e cosa pensate di fare quando il Mago Nero ci scaglierà contro i suoi incantesimi?” incalzò Arual.
Lucky si fermò sotto la pioggia, con un’espressione attenta e concentrata.
Bella lo imitò, e stettero entrambi lì, pensierosi, con l’acqua che scivolava sulle loro giacche cerate.
“Dobbiamo difenderci, è chiaro!” disse risoluto Lucky – e dobbiamo avere qualcosa per farlo… che so… un’arma!”
“Un’arma? – chiese scettica Allegra – ma che razza di arma serve per combattere contro un Mago cattivo?”
“E’ chiaro no? – Arual li guardava con aria eccitata – lui è un Mago e noi dobbiamo avere un’arma magica per combatterlo!”
“La fai facile, tu – si lamentò Bella – io non so neanche come è fatta un’arma magica…”
“Se è per questo, nemmeno io lo so! – protestò Lucky – Ma pensiamo un attimo: cosa può sconfiggere uno stregone dotato di poteri magici?”
I folletti rimasero lì, silenziosi, sotto l’acqua che ormai veniva giù come Dio la mandava.
“Un incantesimo?” azzardò Bella.
“Bisogna essere maghi per saperlo fare…” tagliò corto Arual.
“Allora un’arma misteriosa che taglia cuce affetta e tritura!!” disse Lucky imitando una mossa di karate.
Bella e Arual alzarono gli occhi al cielo, esasperate.
“Lucky, per l’amor del Cielo, la smetti per una volta di fare il bambino?”
“Ma io SONO un bambino – si risentì il folletto – sono un bambino folletto!!!”
“Ci sono!!! – esclamò d’un tratto Allegra – Una POZIONE, ragazzi! Ecco di cosa abbiamo bisogno!!! Una pozione magica!”
Bella, Lucky e Arual guardarono Allegra, il suo volto luminoso e tondo bagnato dalla pioggia.
“Hai ragione Allegra! Una pozione, sei grande piccoletta! – disse Lucky dando una pacca sulle spalle della folletta – Perché non ci ho pensato io?”
“Un momento – disse Arual – ma chi è in grado di preparare una pozione magica?”
Gli altri ci pensarono un po’ su, e poi in corso risposero “Ma Fata Medicina, naturalmente!”

Capitolo IV
Una pozione rosso scarlatto

Quando dopo un bel pezzo arrivarono a casa di Fata Medicina il temporale stava infuriando e si era fatto buio.
Lampi accecanti squarciavano l’oscurità, e il cupo brontolio dei tuoni riecheggiava all’orizzonte.
I quattro folletti, bagnati fradici e infreddoliti, bussarono alla porta di Fata Medicina e attesero.
Nessuno venne ad aprire.
Bussarono di nuovo.
Dopo qualche minuto di attesa preoccupata, si udì la serratura scattare, la porta si dischiuse e comparve lo spicchio del viso di una donna.
“Fata Medicina, siamo i folletti della radura e abbiamo bisogno del tuo aiuto! Facci entrare, per favore!” pregò Arual che ormai batteva letteralmente i denti per il freddo.
La porta si aprì di più e i folletti scorsero il verde brillante dell’abito di Fata Medicina e udirono la sua voce dire “Un’ora insolita per presentarsi a casa della gente, ma entrate lo stesso, su…”.
L’interno della casa di Fata Medicina era caldo ed in penombra.
C’erano un grande tavolo da lavoro, pieno di strani strumenti di vetro e di metallo, altissimi scaffali pieni di bottiglie e bottigliette colorate, una lampada da tavolo, alcune poltrone e una libreria.
Guardavano affascinati l’enorme quantità di oggetti curiosi che riempievano quella stanza, con l’acqua che gocciolava dai loro vestiti e formava una piccola pozza ai loro piedi, sul pavimento, quando Fata Medicina disse “Non vorrete per caso inondarmi la casa, vero? Su, venite da questa parte, coraggio!”
Si spostarono sulla destra della grande stanza, dove si trovava un caminetto scoppiettante che rifletteva bagliori dorati su un tappeto rosso e azzurro.
Fata Medicina scomparve dietro una porta e ne ricomparve dopo pochi minuti, portando un vassoio con tazze e teiera, e una pila di asciugamani candidi.
“Spero che abbiate un buon motivo per andarvene in giro con un tempo come questo, a rischio di buscarvi una polmonite!” disse Fata Medicina, scoccando un’occhiata ai quattro folletti e versando il thè nelle tazze.
Fu Arual a parlare per prima. Raccontò a Fata Medicina il motivo di quella loro visita inattesa, ossia la loro decisione di combattere contro il Mago Nero che aveva rapito Miss Fly; raccontò anche dei consigli ricevuti da Fata Regolina e della focaccia del coraggio ricevuta in dono da Fata Minestrina.
Fata Medicina li guardava attenta, il bel volto illuminato dal riverbero del caminetto.
Quando Arual ebbe finito il suo racconto, le tazze furono vuote e i folletti si furono un po’ riscaldati, Fata Medicina disse “Credo che avrete bisogno di una bella dose di fortuna per fare quello che intendete fare – tacque per un istante tenendo gli occhi fissi su folletti – e anche di una pozione fatta a regola d’arte!”
“E’ quello che pensiamo anche noi – disse Bella – non possono combattere con il Mago nero a mani nude! Dobbiamo avere un’arma!”
“Si, certo – disse anche Lucky - un’arma potente da usare contro quel delinquente che ha rapito il nostro cane!”
Fata Medicina si alzò lentamente alla poltrona. Il suo viso era attento, pensieroso, come se stesse frugando nei sui pensieri alla ricerca di una soluzione. Si avvicinò al lungo tavolo che troneggiava in mezzo alla stanza, prese una fialetta di vetro, una storta e un alambicco.
Si fermò un istante, alzò i suoi straordinari occhi verdi e disse “Il Mago Nero è un uomo triste, a pensarci bene. Un uomo disperato, oserei dire. Uno che non ha mai conosciuto l’amore, la felicità, l’allegria, l’amicizia. In realtà – aggiunse, accendendo un fornelletto. La fiamma guizzò libera e azzurra – in realtà non sarò io a preparare la pozione che lo sconfiggerà… Sarete voi!”
I folletti si guardarono stupiti.
Loro avrebbero preparato la pozione? Com’era possibile?
“Cosa vuoi dire, Fata Medicina?” chiese Allegra – noi non abbiamo nessun poter speciale, e quindi…”
“Ti sbagli, folletta! – rispose decisa la Fata – voi possedute tutto quello che il Mago Nero non ha! Voi avete la bellezza, l’intelligenza, l’allegria e il buon umore! Armi straordinarie, ragazzi miei, armi capaci di sconfiggere anche il più malvagio degli stregoni! “
I folletti avevano lo stupore dipinto in faccia e Fata Medicina, sorridendo nel più splendido dei suoi sorrisi, disse loro “Forza, non ve ne state lì impalati! Ho bisogno che mi aiutate!”
Versò un liquido un po’ vischioso dentro la fialetta, lo rigirò con un stecchino, lo mise sul fornelletto e poi lo girò di nuovo.
“Allora – disse in tono pratico – ho bisogno di un tuo capello, Bella!”
Bella, un po’ perplessa, si strappò un capello e lo diede a Fata Medicina, che lo prese e lo aggiunse al liquido chiaro.
“… e ora c’è bisogno di uno scherzo di Lucky … - proseguì con gli occhi sulla fiala - … di un pensiero di Arual… e ora manca solo un sorriso di Allegra!”
Aggiunse tutto alla pozione e la mescolò accuratamente.
Il liquido dentro alla provetta vorticò per un istante, e poi da chiaro e trasparente diventò fluido e denso, e divenne di un bel rosso scarlatto.
Fata Medicina si voltò verso lo scaffale, prese un paio di bottigliette, aggiunse alla pozione un po’ di questo e un po’ di quello, e disse “Credo che sia venuta piuttosto bene!”
Prese un fazzoletto di seta e vi avvolse la fiala della pozione magica.
Poi guardò i folletti.
I suoi occhi dardeggiavano nella penombra della stanza.
“Con questa – disse scandendo le parole – potrete affrontare il Mago Nero, ma fate attenzione: la pozione potrà solo rendervi il compito più facile, ma sarete voi, con il vostro coraggio e la vostra determinazione a far sì che l’impresa riesca o fallisca!”
I folletti annuirono in silenzio.
Fata Medicina consegnò loro la fiala e aggiunse “Fatene un buon uso, e state attenti. Vi aspetta una lunga notte!”
Aprì la porta e il rumore del temporale, della pioggia che scrosciava e dei tuoni che ruzzolavano nel cielo entrò nella stanza.
I folletti ringraziarono la fata, che rivolse loro un ampio sorriso; c’era preoccupazione però nei suoi occhi verdi.
La porta si richiuse e i folletti uscirono nell’oscurità.

Capitolo V
La resa dei conti

Si diressero verso il folto del bosco, verso il luogo in cui sapevano che avrebbero incontrato il Mago Nero. Non conoscevano esattamente il posto esatto, ma sapevano che se c’era un luogo in cui il Mago Nero avrebbe potuto trovarsi, quello era il punto in cui il bosco era più fitto, più scuro e intricato.
Il sentiero era pieno di enormi pozzanghere, e i folletti facevano fatica a camminare con tutto quel fango.
Percorsero un tratto di sentiero ghiaioso che costeggiava il fianco della montagna, e iniziarono a salire lungo un percorso accidentato, irto di sassi e di radici che sporgevano dal terreno.
La pioggia batteva incessante e i rami degli alberi mossi dal vento sfioravano la testa dei folletti come fossero stati artigli di qualche mostro spaventoso.
“Ho paura…” piagnucolò Allegra.
“Tutti abbiamo paura, folletta – la rincuorò Lucky – pensa solo che stiamo andando a riprenderci Miss Fly !”
Proseguirono lungo il sentiero che saliva e scendeva nel bosco, fin quando arrivarono in cima ad una altura fiancheggiata dalla parete rocciosa della montagna; dall’altra parte il sentiero spariva del tutto, inghiottito da un profondo dirupo.
Facendo attenzione a mettere un piede dietro l’altro, percorsero il sentiero che scendeva dall’altura e si ritrovarono in uno spiazzo coperto di abeti e di grossi massi.
La pioggia cessò all’improvviso.
Le nubi scomparvero.
Il tuono si zittì.
Nel cielo magicamente sgombro di nuvole brillò la luna, che illuminò la vetta della montagna e lo spiazzo un cui si trovavano i folletti.
“Ma che cosa strana è questa? – si chiese Arual – avete visto? E’ smesso di piovere, e la luna brilla nel cielo!!”
“Non sentite qualcosa anche voi? Domandò Bella con la voce incrinata dalla paura.
“Io non sento niente…” disse Lucky appoggiandosi ad un masso.
Ci fu un grido, un rumore di pietre che rotolavano e di roccia che si sgretolava.
Le follette si voltarono atterrite: nel punto in cui si trovava Lucky c’era ora un grosso buco, una spaccatura nella roccia, e del folletto nemmeno l’ombra.
“Lucky , Lucky , dove sei?!’” gridarono disperate.
Nel silenzio del bosco udirono una vocina venire da lontano, da un punto non meglio precisato ai loro piedi
“E’ qui sotto, - gridò Arual – è caduto nel buco quando la roccia si è aperta!”
Le follette raccolsero tutto il coraggio che avevano e lentamente scesero nel buco.
Scivolarono per un tratto sulla ghiaia, urlando di terrore, fino a quando atterrarono su qualcosa di morbido e di caldo.
“Ma dove diavole siamo finite?” chiese Bella cercando di orientarsi nel buio.
“Sulla mia schiena, ecco dove siete finite!”brontolò il folletto.
Guardarono meglio, e nel buio scorsero la giacca verde di Lucky, sdraiato per terra con Bella seduta sopra di lui. “Lucky, sei vivo!!!” urlò felice Allegra, spostando con un braccio Bella che ruzzolò sulla ghiaia.
“Abbastanza…” rispose contrariato Lucky.
“Non vedete anche voi questa luce verdastra?”chiese Arual.
I folletti si guardarono intorno.
Si trovavano in una specie di caverna sotterranea, piena di rocce e di grandi massi.
In lontananza si udiva uno scroscio d’acqua, come di un fiume sotterraneo che scorreva da qualche parte.
L’oscurità era rischiarata da una luce verde che brillava più intensa oltre un ammasso di rocce sulla sinistra della caverna.
“E’ vero!” – disse Bella – c’è una luce verde laggiù…”
“Cosa sarà?” chiese Allegra, impaurita.
“Andiamo a vedere!” disse Lucky con tono spiccio.
Si avvicinarono all’ammasso di rocce; le pietre rotolavano al loro passaggio e la ghiaia scricchiolava sotto i loro piedi.
Arrivarono ad un grosso masso e sbirciarono oltre; la luce verde era più intensa e illuminava una specie di piazzola, uno spazio sassoso contornato da stalagmiti e rocce calcaree.
L’aria era umida e calda e si faceva fatica a respirare. Il calore e la luce verde davano quasi l’impressione di trovarsi in un enorme acquario di pesci tropicali.
I folletti si fermarono.
Non sapevano cosa fare.
All’improvviso si udì un guaito e i folletti si voltarono di scatto: Miss Fly era prigioniera, intrappolata tra stalagmiti che salivano verso l’alto e da stalagtiti che scendevano verso il suolo e formavano una specie di gabbia.
E poi lo videro.
Alto, scuro, vestito di nero, i lunghi capelli corvini incollati al volto emaciato, gli occhi malvagi, il petto ossuto.
“Vi stavo aspettando” disse con tono quasi divertito il Mago Nero.
La sua voce era arrochita come quella di un vecchio.
“Sapevo che sareste venuti a riprendervi il vostro stupido cane… Ma mi dispiace per voi, questa bestia serve a me!”.
“Lasciala stare, delinquente” urlò Arual incapace di trattenersi.
Il Mago Nero fece una specie di sorriso divertito, si voltò e si girò di nuovo di scatto; scagliò contro i folletti un lampo di luce verde che brillò nell’oscurità, colpì la parete rocciosa alle loro spalle e la sbriciolò.
Arual e Bella scapparono verso il fondo della grotta, mentre una pioggia di sassi cadeva loro addosso.
“Dove sono Lucky e Allegra?” chiese Arual con il fiatone.
Bella si voltò; la polvere dell’esplosione impediva di vedere più lontano di qualche metro.
“Non lo so” rispose, con la voce incrinata dal terrore.
Poi udirono Lucky che urlava “Vogliamo solo il nostro cane! Ridaccelo!”
Un rumore cupo come un tuono risuonò sotto la volta della grotta, mentre un fascio di luce accecante l’attraversava da un lato all’altro.
“Fuori dai piedi! – ringhiò il Mago Nero – fuori dai piedi piccoli impiccioni insignificanti!!! Il mio esperimento sta per concludersi, e non sarete voi mocciosi a rovinarlo!!!”
Bastò un solo istante perché i folletti capissero di quale esperimento si trattava: il Mago Nero stava impossessandosi con la magia dei poteri finora sconosciuti di Miss Fly, quei poteri che il Mago Bianco suo antenato le aveva misteriosamente trasmesso.
Arual si spostò nell’oscurità, riparandosi dietro uno sperone di roccia più vicino a dove si trovava Miss Fly.
Il mago Nero se ne accorse e le scagliò contro un raggio di luce bianchissima che sfrigolò come un fulmine, rimbalzò sulle pareti della grotta e si scaricò sullo spiazzo ghiaioso, scavando un solco profondo almeno mezzo metro.
“Prendici se ne sei capace!” la voce di Lucky echeggiò nello spazio vuoto sopra le loro teste, che un istante dopo fu riempito da una pioggia di fuoco e di grandine incandescente.
Arual guardò Lucky.
Il suo volto era tirato, impaurito, ma deciso.
Lucky cercò con gli occhi le altre due follette; scrutò sul fondo buio della grotta e le vide, al riparo di un grosso masso.
All’improvviso i folletti seppero cosa fare.
Fu come se d’un tratto sapessero esattamente cosa doveva essere fatto.
Si disposero a cerchio, dandosi la mano e formarono un girotondo.
Arual depose la fiala della pozione magica nel centro esatto del girotondo, e cominciarono a camminare in cerchio.
La pozione si illuminò spandendo un chiarore dorato sulle rocce, e cominciò a fuoriuscire dalla fiala, né liquida né gassosa, un lungo nastro argentato che si alzò nell’aria, formando una serie di spirali concentriche che iniziarono a vorticare sulle loro teste. Un istante dopo le spirali divennero un unico, largo cerchio argentato, luminoso come gli anelli di Giove.
“Guardate…- mormorò Allegra, con gli occhi rivolti verso l’alto. I folletti alzarono la testa.
All’interno del cerchio si era formata una nebbiolina leggera, rischiarata da lampi di luce come i fulmini nell’occhio di un ciclone.
E nella nebbiolina i folletti videro delle immagini, dapprima sfocate e poi sempre più nitide.
….Bella e i suoi lunghi capelli, il sorriso luminoso di Allegra, gli occhi vispi di Lucky, lo sguardo attento di Arual…. E poi il muso di Miss Fly…e ancora le risate de folletti il giorno di Natale trascorso tutti insieme, intorno al grande abete nella radura…le grigliate di salsicce… le feste di compleanno… un cestino di lamponi ricevuti in dono…l’ultima fetta di torta divisa a metà tra Arual e Allegra… e poi le partite a carte nei dopocena… le serate d’estate sul prato, a far a gara a chi vede per primo una stella cadente…
I folletti udirono un rumore come un ringhio sommesso, come un urlo trattenuto… all’inizio non capirono.. poi invece compresero.
Quello che sentivano era il grido del Mago Nero.
Si voltarono e lo videro, illuminato da una luce bianchissima che si faceva fatica a guardare, contornato da un alone di luce come in un’ eclisse di sole.
E poi la luce esplose, in uno scintillio di colori, come una stella scoppiata.
Il Mago Nero era scomparso.
Come Fata Medicina aveva previsto, l’allegria, la felicità, l’amicizia, avevano vinto sulla cattiveria e la solitudine.
Miss Fly corse loro incontro felice.
Arual, Lucky, Bella e Allegra uscirono dalla grotta.
Il cielo trapuntato di stelle salutò il loro ritorno in superficie.

Epilogo

Era il tramonto.
Un bellissimo tramonto, pieno di azzurro, di giallo, di rosso, di arancio.
La radura brulicava di persone e di animali: folletti, leprotti, conigli, porcospini, il pettirosso e naturalmente Miss Fly.
Alle fronde degli alberi erano appesi tanti barattoli di vetro con dentro lucciole luminose che rischiaravano i tavoli imbanditi e la pista da ballo, dove suonava un’orchestrina di grilli canterini.
“Bella storia…” mugolò Lucky con la bocca piena di torta di lamponi.
“Già – rispose Allegra mentre addentava l’ennesimo pezzo di cioccolata – siamo stati davvero forti, dei veri ganzi….”
Bella rise di gusto, e Arual alzò gli occhi al cielo: che razza di folletti…
Miss Fly le corse incontro, si strusciò alle sue gambe e le si accovacciò ai piedi.
La musica risuonava nella radura, gli ospiti mangiavano di gusto, e ridevano allegri.
Spirava un dolce vento e le stelle brillavano lontane nel limpido cielo di agosto…
Sapete immaginare una fine migliore per questa storia?


THE END

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