mercoledì 23 maggio 2012

23 maggio 1992

Ci sono momenti nella vita di ognuno in cui il mondo che ci circonda entra di prepotenza nella nostra piccola, minuscola vita e ne cambia il verso per sempre. Credo che uno degli eventi che ha inciso così profondamente, così a lungo e così dolorosamente nella mia vita sia stata la morte di Giovanni Falcone. Tenevo la sua foto sopra il capezzale del letto, nella stanza che condividevo con altre studentesse di giurisprudenza, e un pò sognavo di essere come lui, di fare il suo mestiere, anche se meno bene, e con meno coraggio, e con una dose infinitamente inferiore di passione e di lucidità. Ammiravo Falcone con lo stesso slancio con cui si ammirano le persone speciali, quelle che intuisci essere uniche, con una marcia in più. Lo seguivo da sempre, nei suoi successi e nei suoi momenti no, tra attentati, tranelli, tentativi di screditarlo, di isarlo, di metterlo in condizione di non nuocere.
Era un sabato sera dorato, a casa di mia mamma, la finestra della cucina aperta, la Tv accesa, il garrito delle rondini, la cena sul fuoco. Re Quercia ed io, ancora ragazzi, sfogliavamo insieme una rivista, pieni di allegria e di sorrisi. Poi il programma alla tv finisce all'improvviso e un tg in edizione speciale dice che, ancora tutto da confermare, ma sembra che si, proprio così, ci sia stata un'esplosione sull'autostrada per Palermo e che il giudice Falcone e sua moglie, e sicuramente gli uomini della scorta, siano stati coinvolti, forse feriti, anzi no, morti, di sicuro, Francesca Morvillo ancora no, è in ospedale, il giudice è arrivato vivo al pronto soccorso. No, il giudice è morto. Falcone è morto, Giovanni Falcone, il giudice antimafia, è stato ucciso sull'autostrada, nei pressi di Capaci. Il sole si spegne, le rondini ammutoliscono, il mio stomaco cade in basso, in un punto vicino all'ombelico, e non riesco a parlare, neanche una parola, neanche un fiato, Re Quercia silenzioso accanto a me, le immagini del fuoco, il suono delle sirene, l'asfalto riarso e scoppiato, e una voragine terribile, lì dove c'era la strada, che inghiotte tutto ed ogni cosa, la speranza, il coraggio, le persone, gli uomini della scorta, il futuro. Giovanni Falcone è morto.
Son passati venti anni da allora. La laurea in giurisprudenza l'ho presa, anche se il giudice non l'ho fatto. Ho preparato i documenti per il concorso, ma avevo già un lavoro, e ne avevo bisogno. "Falcone capirebbe" mi dissi. Ogni 23 maggio mi ricordo di quel sabato dorato, di quel boato che credo di aver sentito tante volte nella testa, di quel senso di smarrimento, di perdita, come se fossi stata di nuovo orfana, di un'idea, di un progetto, di un pensiero felice da cullare quando le cose non vanno per il verso giusto. Ma credo che niente sia andato perduto, che altri abbiano imparato a camminare sui suoi passi, che in molti lo ricordino e che il suo ricordo sia un terriccio fertile in cui far germogliare qualcosa di buono. Ci ho creduto, ci credo ancora, e penso che ci crederò sempre, insomma voglio crederci fino in fondo: mio figlio si chiama - non a caso - Giovanni.

3 commenti:

  1. Che gran bella testimonianza cara Lizzie...un pezzetto della tua vita, pochi minuti della tua vita in quel lontano 23 maggio, eppure cosi impressi nella tua mente. Come succede sempre, quando una cosa ci colpisce veramente nel profondo.
    In mezzo ad un mare di commemorazioni fasulle, ipocrite condivisioni su Fb, questo tuo post è una perla rara, di chi quel giudice l'ha conosciuto, ammirato e stimato ancor prima della sua morte...
    Solo una cosa mi auguro, che il suo sacrificio non sia stato vano...e che lo Stato si ricordi che da quelle morti li, sono passati 20 anni e tutti noi, vogliamo un'Italia diversa.
    Un bacio

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  2. Un post davvero meraviglioso.. sai scrivere magnificamente.. e dai voce ai pensieri che spesso molte di noi non sono capaci di esprimere..
    Grazie Amica.. e speriamo davvero che qualcosa di buono riesca a germogliare..

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  3. Ricordo qui con te anche Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Io ero un po' più piccola di te e ricordo ancora e ancora piango al pensiero di quei giorni e credo proprio che quel 1992 mi abbia segnata indelebilmente. Il mio impegno di oggi lo devo sicuramente a Giovanni Falcone e a Paolo Borsellino. Grazie a tutti quelli che fanno memoria, grazie anche a te. Perchè la memoria ci indegni e lo sdegno si trasformi in impegno.

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