venerdì 29 maggio 2009

E ora ditemi....

...che non è bellina, la mia borsina nuova! L’abbiamo cucita io e mia mamma, in un pomeriggio di sabato, con il sole che inondava la sua cucina e le rondini che giravano intorno alla casa.
L’idea mi è venuta visitamdo il sito di AnnaDrai, che è davvero bello e pieno di cose interessanti. Al mercato ho trovato la stoffa a fiori (buona per ricoprirci una poltrona, in verità….), l’ho tagliata, doppiata con altra stoffa color ecru, un po’ rigida ma resistente, e poi, insieme alla mia mamma l’abbiamo cucita, abbiamo aggiunto una taschina interna e i lacci, girata, stirata come Dio comanda e eccola pronta! Per cosa la uso? Per portarmi il pranzo in ufficio, naturalmente!

giovedì 28 maggio 2009

il mio albero preferito


Mi è sempre piaciuto quest’albero, fin da piccina. Mio nonno lo chiamava “la quercia di Buccio”, e io non ho mai saputo chi fosse Buccio, nè se esistesse davvero qualcuno con questo nome, e perché mai la quercia fosse, in qualche modo, sua. Ci passo due volte al giorno, davanti a questo albero, nel viaggio di andata ed in quello di ritorno casa – lavoro. D’estate, d’inverno a primavera ed in autunno. Lui se ne stà lì, dritto e fronzuto nonostante gli anni (e deve averne un mucchio di anni, proprio tanti davvero) e ogni volta io lo guardo e non posso fare a meno di sorprendermi per la sua bellezza…



lunedì 25 maggio 2009

Io e lo scrap




Avevo una bella foto di mia nonna – una foto scattata il giorno del battesimo del Bimbo, vestita di blu, appoggiata al fonte battesimale, il bastone in mano, lo sguardo rivolto ad un punto non meglio precisato alla sua sinistra; ed avevo anche un paio delle sue ricette, ricette che la mia mamma non aveva voluto regalarmi, e che io avevo scannerizzato pur di averle. Ricette scritte su fogli di un vecchissimo taccuino, mezze unte e molto stropicciate, scritte in un italiano traballante e tenero, infarcite di strafalcioni ma piene di spiegazioni molto efficaci del tipo gira tutto per benino, fai fare un bollorino e poi spengi, e con recensioni accuratissime come: bomboloni della Tirilla: boni (sic). Insomma, avevo questa bella foto, le ricette, ed una idea molto vaga di cosa avrei voluto farne: un quadretto, da tenere appeso in cucina, sulla parete dove ci sono appiccicati con lo scotch i disegni del Bimbo, le mie mitiche liste di cose da fare e il menu della settimana. Ma il quadretto lo volevo carino, non solo una foto e un’immagine allo scanner, ma qualcosa di allegro, di tenero anche, qualcosa che a guardarlo ti facesse stare bene. Inizio a cercare su internet. Digito: foto, decorazioni, carta… Vengono fuori cose strane, tipo scrapbooking, layout (LO), pattern paper, e viene fuori un mondo straordinario di cose bellissime, un mondo che in un secondo mi ha rapita e portato via con sé. Fotografie che non sono più solo foto, ma attimi congelati per sempre, contornate di carta colorata, di nastrini in tinta, decorate con bottoni e figurine, sporcate di inchiostro, macchiate di pittura acrilica, incollate su fondi di gesso; foto che ci scrivi accanto i tuoi pensieri, cosa provavi quando l’hai scattata, o cosa significhi per te questo paesaggio, questa faccia, questo oggetto; foto che parlano di viaggi, e di compleanni, e di feste tra amici, e di gite scolastiche e di pranzi di natale, certo, ma anche di sorrisi ed espressioni buffe, di pagelle con bei voti, o del giocattolo preferito di tuo figlio, o di quando è caduto il suo ultimo dentino, o di quel quadro nuovo appeso alla parete, e anche di cose quotidiane, degli oggetti di tutti i giorni, delle tue abitudini, dei tuoi gesti, foto che ritraggono tutto ciò che non sei abituata a pensare che le foto debbano immortalare: dai vestiti ormai troppo piccoli del Bimbo (ma di che colore era quella tutina con gli orsetti?), alle scarpe che ti piacevano tanto e che fotografi primi di buttarle, alla tua fantastica manicure, o alla borsa nuova appena comprata, o a quella torta venuta benissimo. Tutte cose che parlano di te e del tuo mondo, cose che, senza lo scrap, avrei sinceramente rischiato di dimenticare, un giorno. Mi avvicino così a questo mondo: twopeasinabucket.kaboose.com è la mia guida, il mio nocchiero in questo universo sconosciuto e colorato, nel quale mi addentro stupefatta e un po’ intimorita; tutto mi sembra bello, tutto è da scoprire, ma ci sono alcuni lavori migliori di altri, quelli di Ali Edwards, per esempio, puliti, nitidi, raffinati, un occhio intelligente dietro l’obiettivo della macchina fotografica, sapienti accostamenti di colori e una tecnica ed una filosofia dello scrap straordinarie; o, in modo del tutto diverso, quelli di Celine Navarro, colorati, insoliti, pieni di inventiva; o quelli di Jen Hall, con la sua scrittura fantastica (riuscissi a scrivere come lei….) e con l’uso di tanti materiali diversi, come la stoffa, per esempio; o quelli “minimal” (la definizione è mia, e quindi potrebbe non rendere l’idea…) di A. Wren, fatti con materiali trovati nel cassetto della scrivania, con ritagli di carta normale e senza tutti quegli stupendi (e costosissimi!!!) materiali scrap, ma unici, ed originalissimi; quelli di Emily Falconbridge, il mio mito personale, la mia scrapper preferita, con gesso e colori acrilici. E da noi? Mi dico. Possibile che da noi non ci sia nessuno che si dedica allo scrap? Ma certo che ci sono, non moltissimi per la verità (perché nel frattempo ho scoperto che lo scrapbooking non è così diffuso dalle nostre parti, basta vedere la faccia che fanno nei negozi di bricolage o di arti quando chiedi del materiale…) ma di quelli buoni: Manu, soprattutto, con i suoi lavori accuratissimi e delicati, con l’uso che sa fare delle forbici (mi ricordo il ramo fiorito di un albero ritagliato da una carta decorata che sembrava dipinto!!!) e della macchina fotografica (eh eh, perché, come scopro subito dopo, una bella pagina di scrap non si fa senza una bella foto….) o di ago e filo (anche se nel suo bel blog http://manuscrap.wordpress.com/ dice spesso di non essere portata, ma è solo la sua modestia, che è tra l’altro una delle sue belle caratteristiche e una delle cose che apprezzo di più nelle persone…); e Tobina http://tobina.blogspot.com/, che usa i colori come il mio mito Falconbridge, e che mette dentro a tutte le sue creazioni artistiche (perché le creazioni scrap di queste signore lo sono davvero, esselosono!!!!) un nonsochè di sudamericano, di fantastico, e fa un art journal che prima o poi ci devo provare sul serio; e molte altre italiane, tutte quelle che postano i loro lavori su http://www.scrapbookiando.it/, per esempio.
E io? Bhè io guardo, innanzitutto, e poi scrappicchio con materiali poverissimi (tutto quello che mi capita a tiro, insomma…) e comunque mi diverto (quando ho appena un briciolo di tempo, si intende, cioè quasi mai…), e ho trovato un modo diverso di guardare alle piccole cose di ogni giorno, quasi dovessi mettere tutto dentro ad un pagina scrap, questo sì, questo no, questo è da ricordare di sicuro, questo è da fissare e questo meno…
Sembra più bella anche la tua vita, le tue corse di ogni giorno, lo scontrino della spesa, gli scarabocchi di tuo figlio, l’etichetta di una maglietta nuova, lo stecco di legno del gelato… tutto ha senso, tutto è, soprattutto ed inspiegabilmente, BELLO.
A proposito, mica l’ho fatto il quadretto con la foto e le ricette di mia nonna, anche se è fra le cose che voglio fare di sicuro e che di sicuro farò (prima o poi…) Per ora sono, li, attaccate con delle mollette ad un bel filo che attraversa la parete della cucina, insieme a tutto quello che devo e che mi fa piacere ricordare, in attesa che trovi – nello scrap, come nella vita – l’idea giusta per render loro giustizia, come meritano…

sabato 23 maggio 2009

La Prima Comunione


La prima comunione del Bimbo è fra due domeniche. Niente di particolare, eh.. Niente festeggiamenti in grande ma cose semplici, come è giusto che sia considerata anche la natura della festa. Mi sono comprata pantaloni e giacca di jeans un po’ lucidino e il babbo del Bimbo ha scelto pantaloni grigi, giubbotto blu e scarpe da ginnastica Adidas nuove di pacca. Il Bimbo dopo la cerimonia avrà pantaloni bianchi (gli stessi indossati sotto il saio) e una maglietta della Benetton. Pranziamo in una trattoria in campagna, e speriamo che ci sia il sole e faccia un bel caldo.



Abbiamo deciso di fare una donazione e di spendere così la cifra che avremmo speso per le bomboniere e tutto il resto; ma siccome il ragazzo ci teneva ad avere dei confetti, ho comprato un po’ di stoffa a quadretti, un po’ di lino bello grezzo, qualche spilletta e un po’ di bottoni (costo totale meno di 20 euro per 45 sacchetti) e, scopiazzando qua e la in giro nel web, ho fatto dei sacchettini che ho decorato con applicazioni di stoffa: e quindi fragoline, conigli, angiolini, bimbetti con la sciarpa, fiorelloni etc.









E siccome ci ho preso gusto, ho fatto anche dei pacchettini di confetti per gli amici del Bimbo, e anche dei biglietti di ringraziamento con angiolino appiccicato sopra da poggiare sul piatto al ristorante. E siccome alla fine mi divertivo troppo, ho fatto anche dei biglietti scritti a mano con altro angelo (ho un po’ esagerato con gli angeli???) e alucce colorate con gli acquerelli…Insomma, mi sono divertita un mucchio….

mercoledì 20 maggio 2009

LA FORTUNA E LA PAURA

Dai, accendi la TV, ma guarda che è per poco, un quarto d’ora al massimo, che poi si spenge la luce e si dorme, perché domani mica è sabato, è solo giovedi, purtroppo, e la mattina hai scuola e il pomeriggio allenamenti. E, per favore, vedi di non disfare del tutto questo povero letto, che quando ci sei te, qui, accanto a me, è difficile parlare di “letto” e sarebbe meglio parlare di un aggrovigliato mucchio di lenzuola e coperte. E ora abbracciami, su, mentre io poggio il mento sulla tua testa e ti tengo stretto. Ti guardo, e da come sono messa vedo solo il luccichio degli occhiali un pò storti sul naso (ma a proposito, li porti sempre quando sei alla TV, anche il pomeriggio da nonna, eh?) e sento il profumo dei tuoi capelli lisci (ma sarà poi vero che sei mio figlio, con questi capelli così lisci?). Sento il profumo dei tuoi capelli, dicevo, profumo dello shampoo Garnier all’albicocca. E ti stringo, figlio mio, mentre Bud Spencer molla un ceffone che neanche Uolchertexasrenger ad un tizio vagamente vestito da pirata, mentre fuori, per strada, qualcuno sghignazza forte, forse stanato fuori di casa da un insolito ed insospettabile caldo di maggio. Ti stringo, e so che ho i minuti contati. No, bimbo mio, non nel senso che il quarto d’ora iniziale si è ormai già ridotto a 7 minuti residui, no. Ho i minuti contati perché so che questo lusso sfrenato, questo assoluto e immeritato privilegio di averti tutto per me, abbracciato e assonnato, finalmente quieto tra le mie braccia, lo sguardo fisso allo schermo azzurrino della TV nella penombra della stanza, le gambe ripiegate sotto le coperte già troppo pesanti, non durerà per sempre. No, bimbo mio, non sarà sempre così. Diventerei anche più grande, e uscirai la sera, ti chiuderai nella tua stanza a parlare al telefono, o a lavorare al computer, o a guardartela da solo questa maledetta TV in cui Bud Spencer continua a menare le mani. Lo so, lo so cosa vuoi dirmi, che è esattamente quello che succede da che mondo è mondo, e che la pena che già sento – un formicolio strano, come un liquido denso che cola giù, lungo le pareti dello stomaco – è quella che centinaia e migliaia di generazioni di genitori hanno provato prima di me. Ma, detto tra di noi, non mi consola mica tanto l’idea che quello che sto provando sia già stato provato da altri prima di me; mica mi consola pensare che altre mamme, in questo momento, provano la stessa sensazione di urgenza, di provvisorietà, quella dolcezza estenuante che è già rimpianto, che è già rimorso per non aver passato con te ogni istante della mia vita negli ultimi dieci anni, per non aver condiviso con te ogni respiro, ogni passo, ogni momento della giornata. Che poi chissà se sarebbe stato giusto. Forse no. Anzi, sicuramente no. Ma se avesse potuto aiutarmi a non sentire adesso questo fastidioso formicolio allo stomaco, questo stomachevole senso di perdita e di pericolo, bhè forse sarebbe anche valso la pena. O forse no. Non lo so, bambino mio. So solo che le mie braccia non saranno mai grandi abbastanza per contenere tutto l’amore che provo per te (ti ricordi, come ti dicevo quando eri piccino, e te l’ho pure ricamato su quel cuscino mezzo scucito che tieni sul tuo letto “Fino alle stelle 14 milioni di volte”? si perché solo la distanza tra terra e cielo, per decine di milioni di volte può descrivere quello che provo per te, da sempre). So solo che questo quarto d’ora rubato alle nostre giornate frettolose, questi minuti portati via al mio e al tuo sonno sono istanti importanti, sono un regalo grande che non farò finta di non aver ricevuto; perché non si è mai poveri quando si possiedono istanti (e tra qualche anno il ricordo di questi istanti) così intensi e preziosi. E quindi bimbo mio, lasciami vivere ancora un pochino questo privilegio di averti qui con me, ormai addormentato, con la bocca dischiusa, con le braccia abbandonate nella calma serena del sonno. TI abbraccio più forte, bambino. So che non sarà per sempre. Lo so. Ma adesso si. E dopo ci sarà il ricordo. Sono fortunata, bimbo, ad averti.
Ti tolgo gli occhiali e ti sistemo il cuscino. Spengo la TV e la stanza piomba nel buio, appena rischiarato dalla luce fredda del lampione fuori dalla finestra. Non sarà sempre così. Ma una cosa sappiamo io e te che sarà per sempre, bimbo mio.
Il mio amore.
Incastonato come un diamante prezioso nel velluto della tua vita.
E ora dormi, bimbo, che domani c’è scuola.

UN BLOG ANCH'IO

Perché no. Un blog anch’io. Per dire, per fare, per raccontare, per condividere. Da coltivare e da tirare su pian pianino, come una pianticella, come un cucciolo, come un ricamo che prendi in mano solo quando hai un attimo libero. Per parlare anche un po’ di me, che diamine, della mia faticosa vita di tutti i giorni, del mia anda e rianda tra lavoro e casa, dalle prime luci dell’alba al tardo pomeriggio, quando mi sostiene solo la prospettiva (prima di sparpagliarmi, esausta, sul divano) di vedere mio figlio, di sentirlo raccontare della scuola, degli allenamenti di atletica, o vederlo guardare i Simpson in TV o ciucciarsi il colletto della maglia mentre, assorto, fa i compiti di matematica…. Un blog, quindi. E che blog sia!